La prima intesa raggiunta tra i ministri agricoli europei sulla riforma della Politica agricola comune «soddisfa pienamente l'Italia, a partire dai nuovi criteri di distribuzione delle risorse, non più basati sul solo parametro della superficie che ci avrebbe penalizzato pesantemente». Parola del ministro uscente delle Politiche agricole, Mario Catania, che ieri ha illustrato l'impatto per l'Italia del compromesso raggiunto a Bruxelles sulla riforma della Pac 2014-2020. «Al prossimo ministro basterà vigilare sulla trattativa finale tra Consiglio e Parlamento per garantire che non ci siano passi indietro rispetto alle conquiste negoziali». Conquiste arrivate al termine di trattative lunghissime (la proposta della Commissione è del 2011) e che hanno consentito effettivamente all'Italia di limitare i danni.
I tagli, anche alla luce del recente accordo sul bilancio, sono inevitabili, ma minori del previsto: un miliardo in meno in sette anni per gli aiuti diretti (che scenderanno sotto la soglia dei 4 miliardi annui) e addirittura un incremento, a prezzi correnti, dei fondi per lo sviluppo rurale.
Al termine del lungo processo di convergenza (che avverrà con maggiore gradualità) verso un aiuto a ettaro uguale per tutti (ma con molte eccezioni), vero obiettivo della riforma, le imprese agricole italiane potranno contare mediamente su 380 euro a ettaro, contro gli attuali 404, e a fronte di una media Ue di 263. Nel merito la vera conquista è rappresentata dall'ampia flessibilità concessa nella definizione della figura di «agricoltore attivo» al quale riservare in futuro i contributi Ue, escludendo una lunga lista di beneficiari non agricoli, come ferrovie e società immobiliari che fino a oggi hanno incassato regolarmente i sussidi.
«Un correttivo fondamentale nel nuovo regime di aiuti slegati dalla produzione», spiega Catania. «Un passo avanti» anche per la Coldiretti che parla di un accordo che finalmente «premia chi vive di agricoltura», mentre per la cooperazione vanno definiti meglio ruolo e funzioni delle organizzazioni dei produttori. L'altro nodo della riforma era rappresentato dai vincoli ambientali, ad alto tasso di burocrazia, universalmente contestati dal mondo agricolo. «Siamo riusciti a disinnescare - ha rivendicato Catania - i possibili effetti negativi della misura: il nuovo assetto, basato sulla dimensione delle aziende, eviterà traumi per gli agricoltori».
Elevata dal 10 al 12% la quota di aiuti legata alla produzione, con la rilevante eccezione del tabacco. Più aiuti e meno pratiche per giovani e piccoli agricoltori, mentre sulla delicata questione del possibile tetto di 300mila euro agli aiuti diretti per le grandi imprese, chiesto da Commissione ed Europarlamento, i ministri europei rimettono sostanzialmente la decisione nelle mani degli Stati membri. Da segnalare l'appello lanciato dal ministro, a 10 giorni dalla chiusura della campagna, a contenere la produzione di latte, per evitare l'ennesima multa-beffa ai danni dell'Italia.
Fonte: Il Sole 24 Ore – Impresa & Territori del 25 marzo 2013